Juve-Inter, le proposte di Riccardo Ric

Roberto Beccantini6 settembre 2012

Come uscire dalla guerra Juventus-Inter? Lo spionaggio illegale ai danni di Vieri, con relativa condanna della casta Diva in primo grado, ha rilanciato l’argomento, infiammando i ceppi della memoria. Atto grave, pedinare un proprio dipendente. E azione ancora più grave, spiare un arbitro (De Santis) e il dirigente di una società concorrente (Moggi). In attesa degli appelli di Napoli, là dove ballano le associazioni a delinquere inflitte a Giraudo e Moggi, persino i neutrali si chiedono cosa sarebbe successo, sei anni fa, qualora le telefonate coinvolgenti Moratti e Facchetti (per tacere di Meani) fossero state passate subito, dal distratto Auricchio, al procuratore Palazzi. Già, cosa sarebbe successo?

Sul web e non solo, le polemiche infuriano. Riccardo Ric, juventino, paziente di questa Clinica, ha cercato di offrire una bussola per uscire dal pericoloso labirinto in cui Juventus e Inter si sono cacciate. Ecco qua le sue proposte:

1) Restituzione, da parte dell’Inter, dello scudetto 2006. Anche per il 2006 casella vuota, come per la stagione 2004-2005.

2) La Juventus cessa le ostilità sui 30 scudetti. Niente scritte sulle maglie, niente tricolore con 30 allo stadio. La società bianconera ritira, inoltre, il ricorso al Tar contro la Figc.

3) Comunicato congiunto nel quale si conviene, ferme restando le sentenze sportive emesse, che il clima di malcostumi diffusi, di lotte di potere ha inquinato il corretto rapporto con le istituzioni, che tutte le squadre ne son rimaste coinvolte e che vi è stata evidente disparità di trattamento.

4) Si conviene altresì che, al termine dei procedimenti giudiziari a carico di Moggi e Giraudo, verrà celebrato il processo sportivo di revisione ai sensi dell’art.39 C.G.S., con la promessa che, fino a quel giorno, nessuno ne parlerà più.

Il dibattito è aperto. A voi, interisti. A voi, tutti.

Le due Inter

Roberto Beccantini3 settembre 2012

La Roma di Zeman è questa, o anche questa? Perché sì, siamo alle solite. Le risorse misurano le ambizioni, la continuità pesa entrambe. Siamo appena a inizio campionato e, dunque, piano con le iperboli. Il risultato, tosto, fissa un primo confine: con il Pescara hanno vinto 3-0 sia l’Inter in trasferta sia il Toro in casa. Può darsi che il blitz abruzzese abbia drogato la fiducia.

Non discuto i meriti della Roma, a cominciare dallo spirito, i cambi di Zeman e il lavorone del tridente. Mi ha deluso l’Inter, calata nel carattere e nelle gambe (Europa League ci cova?). Poca roba Sneijder e, gol di carambola a parte, poca anche Cassano. Palacio è entrato tardi, Stramaccioni avrà avuto i suoi buoni motivi. Attenzione: se si prendono gol solo in casa (due dall’Hajduk, due dal Vaslui, tre dalla Roma), significa che la squadra pende. Soprattutto quando non può limitarsi al menù esterno, difesa raccolta & contropiede manovrato (3-0 Hajduk, 2-0 Vaslui, 3-0 Pescara). Appena si allarga e si allunga, sono guai.

Molti fuorigioco, difesa zemaniana non così spericolata come in passato. Totti merita un discorso a sé. Sempre un po’ qui e un po’ là come all’Olimpico, con il Catania, ma decisamente più incisivo. Suoi gli assist a Florenzi e Osvaldo. Splendida la rasoiata verticale del 2-1. Un tocco e via, nella pancia della Maginot. Inter e Roma hanno rovesciato le prestazioni del turno introduttivo. Cose che capitano. Certo, era la prima sfida diretta del campionato. Non una sentenza, ma un indizio.

Cassano, lui, mi è sembrato il solito Cassano: più fumo che arrosto. Cassano (Palacio), Sneijder, Milito, sta a vedere che, in certi casi, reggere i tre attaccanti continua a essere un problema. Non so se la Roma abbia buttato via la maschera. Un anno fa, sempre alla seconda (per via dello sciopero), Inter-Roma finì 0-0. C’erano Gasperini e Luis Enrique. Un anno o un secolo fa?

Accanimento?

Roberto Beccantini2 settembre 2012

Chiedo scusa, ma continuo a non cogliere accanimento nei confronti della Juventus. Neppure nei confronti del Milan, se è per questo. Il rigore su Pazzini, a Bologna, non c’era; l’espulsione di Brkic, a Udine, non esiste, dal momento che non esiste la chiara occasione da gol. Lancio-campanile di Pirlo, Giovinco in mezzo a Danilo, Domizzi e Brkic, controllo aereo complicato a prescindere. L’errore di Rizzoli – che, come a Pechino, segnala il penalty e il resto all’arbitro centrale – è tutto qui: nel suggerire il rosso, e non il giallo (a Danilo, comunque; non certo al portiere).

La partita dura un quarto d’ora scarso. Peccato. La squadra di Guidolin veniva dai rimorsi-Champions di martedì notte: già aveva faticato in parità numerica, figuriamoci dopo, in dieci. Pilota automatico, i campioni, e via. Invito a non prendere l’effervescenza di Giovinco per bollicine di champagne: troppo comodo, e troppo facile, in quelle condizioni. Grande con i piccoli, o gli avversari «piccoli» perché menomati: mai avuto dubbi, su questo. Il problema è un altro, il solito: quando diventerà grande con i grandi?

Dubito che i dieci italiani schierati da Allegri a Bologna, undici con Tagliavento, corrispondano a un disegno condiviso: se mai, a un piano obbligato, d’emergenza. Sfortunato con la Sampdoria (due pali), fortunato in Emilia (rigore inventato, papera del portiere): tre punti in due partite, un anno fa erano stati due in tre gare. La tripletta di Pazzini aiuta a pensare positivo. In un campionato povero ed equilibrato come questo ci sta molto, se non proprio tutto: non è da scudetto, questo Milan, ma anche con Ibra non è che offrisse un calcio raffinato e stellare. Aveva il solista che gli risolveva tutte o quasi le sparatorie. Oggi, deve inventarselo.